IL MIO PADRINOLÕuomo pi buono del mondo chÕio ho conosciuto era il mio padrino: e non poteva essere che tale, se era lÕamico intimo di mio padre.Mio padre non usciva, si pu˜ dire, fuori di casa, eppure conosceva, o meglio era conosciuto, da una infinitˆ di gente; amici di paesi lontani venivano a trovarlo e gli volevano bene. Molti, veramente, cercavano pi che altro il suo aiuto, ma alcuni si contentavano della sua sola compagnia. Egli non cercava nessuno: amava per˜ e aiutava tutti quelli che cercavano di lui.Questo mio padrino veniva a trovarlo da un paese allora lontano, perchŽ le linee automobilistiche ancora non tagliavano la dura solitudine delle terre di Sardegna.Veniva a cavallo, pacificamente, ma pareva avesse volato, tanto il suo viso era fresco; sulla barba molle e candida gli rimaneva il riflesso delle bianche nuvole vagabonde sopra il monte Gonare, e negli occhi la placidezza della luna nuova.Al suo arrivo mia madre diceva alla serva:Ń Accendi tutti i fornelli.E i fornelli venivano accesi come per le feste solenni. Mio padre conduceva il suo amico in cantina, donde risalivano ridendo come bambini.Dopo la cena rimanevano loro due soli a tavola, con la bottiglia che sÕinchinava ora verso lÕuno ora verso lÕaltro salutandoli, poi si rialzava e pareva ascoltasse i loro discorsi interrompendoli di nuovo coi suoi inchini quando accennavano a diventare melanconici.Anche le cose pi tristi dovevano essere raccontate con allegria serena, quella notte: i due amici si prestavano a vicenda le loro angustie e cercavano di non restituirsele perchŽ ognuno di loro le dimenticasse.Il canto del gallo metteva punto e basta ai loro racconti. E anche la bottiglia non sÕinchinava pi perchŽ non aveva pi forza nŽ volontˆ: era vuota.Una di quelle notti la serva and˜ a chiamare la mia piccola nonna: entrambe salirono nella camera di mia madre e poco dopo la serva ritorn˜ gi dovÕerano i due amici. Disse:Ń Padrone, la padrona vi manda a dire che ha comprato una bambina, adesso, pochi minuti or sono.Ń PerchŽ non hai avvertito? Š rimprover˜ mio padre.Ń PerchŽ la padrona non ha voluto disturbare la loro compagnia.Mio padre and˜ su a vedere: una bambina appena fasciata stava dentro un canestro accanto al caminetto acceso: pareva davvero comprata da poco al mercato.LÕamico domand˜ il permesso di vederla anche lui: e mio padre disse:Ń Ecco una bella occasione per diventar compari.Ń Benissimo; e come la chiameremo?Ń La chiameremo Grazia.é cos“ lÕospite divent˜ mio padrino.Io sentivo raccontar da lui questÕavvenimento molti anni dopo.Durante lÕinfanzia non mi sono molto curata del mio padrino; le sue visite mi interessavano solo per il fatto chÕegli portava bei regali di frutta e di dolci.Una volta mi port˜ un piccolo muflone: e tutta lÕaria vasta della montagna e lÕirrequietudine misteriosa dei boschi entr˜ in casa con la graziosa bestia, chÕera ancora allo stato selvatico ma timida e buona di bontˆ naturale.Tutti gli altri animali addomesticati che popolavano quellÕarca di No che era il nostro cortile, respirarono nellÕodore del muflone lÕaria nat“a delle macchie e dei covacci fra le rupi; lo circondarono quindi come per salutarlo: esso per˜ aveva paura anche delle lepri, e dÕun balzo fu sopra la legnaia come in cima ad un monte.E ci volle la pazienza e lÕagilitˆ del padrino per farlo ridiscendere in pianura.Fu quella volta chÕegli raccont˜, mentre si stava a tavola, una sua avventura di viaggio.Ń La mia visita, compare e comare, questa volta non aveva il solo scopo di vedervi e salutarvi: mi sono mosso di casa perchŽ da alcuni giorni un gran mal di denti mi torturava: tutti i rimedi ho provato, sciacqui, impacchi, roba calda e roba fredda, preghiere, scongiuri: invano; soffrivo tanto che per la prima volta ho peccato contro la volontˆ del Signore: ho desiderato di morire. Finalmente mia moglie dice: va a Nuoro; lˆ ci deve essere un dentista. Ed io parto; di solito mi piace viaggiare, vedere lo stato delle campagne, sentire il canto degli uccelli. Questa volta non vedo nulla, non sento nulla, tanto  il dolore: cammino come attraverso una nebbia. Ed ecco dÕun tratto, sotto il Monte Gonare, vedo sbucare, come appunto dalla nebbia, tre brutti cristiani, cos“ brutti che sembrano i Giudei che hanno ammazzato Ges. Ed anche me vogliono ammazzare, se non consegno loro subito i denari e quanto ho con me. Vogliono anche il cavallo. Prendete, prendete pure, fratelli cari, e Dio vi assista. Allora mi fanno smontare e mi spogliano come Cristo: e rimango solo col muflone che sÕera prudentemente nascosto. Rimango solo e spoglio; ma cosՏ, cosa non ? Il mondo mi sembra mutato; vedo i prati in fiore, sento lÕallodola, e mi pare di aver incontrato, non i tre malandrini, ma San Francesco in persona. Ebbene,  il mal di denti che  cessato: lÕemozione me lÕaveva strappato di bocca meglio del dentista. E siano benedetti dunque i tre valentuomini.Egli parlava sul serio: con la sua barbetta bianca e il placido viso sembrava lui San Francesco in persona.